Carte turistiche 1:25.000
Tabacco: foglio 03 Cortina d'Ampezzo e Dolomiti Ampezzane.
Kompass: foglio 617 Cortina d'Ampezzo e Dolomiti Ampezzane.
Sentieri n° 220 e n° 210.
Denominazione dell'escursione:
Fraina - Lago di Costalaresc - Rifugio Lago Scin.
Gruppo montagnoso:
Monte Faloria.
Difficoltà:
nessuna difficoltà, escursione consigliata anche ai bambini e agli escursionisti poco allenati.
Tempo medio complessivo di percorrenza:
circa 1 ora e 15 minuti (un'ora e un quarto).
Abbigliamento ed equipaggiamento consigliati:
usuale per le normali escursioni in montagna (scarponi, maglione, giacca a vento, calzettoni di lana, ecc.).
Punto di partenza:
Fraina (Cortina d'Ampezzo).
Punto di arrivo:
Rifugio Lago Scin (Cortina d'Ampezzo).
Altitudine massima che si raggiunge durante l'escursione:
m 1534 s.l.m. poco prima di raggiungere il Lago di Costalaresc.
Interesse naturalistico dell'escursione:
principalmente paesaggistico, geologico, floristico e faunistico.
Rifugi e altre infrastrutture ricettive d'appoggio:
Fattoria Meneguto situata a m 1304 di quota, all'inizio dell'escursione, Rifugio Mandres a m 1480 di quota a metà dell'escursione e il Rifugio Lago Scin a quota m 1478 alla fine dell'escursione. I punti d'appoggio indicati all'inizio e alla fine dell'escursione, sono aperti dal 20/6 al 20/9.
Accorgimenti consigliati:
il percorso si svolge interamente nel territorio di Cortina d'Ampezzo e inizia in località Fraina a m 1304 di quota e termina al Rifugio Lago Scin a quota 1478. In considerazione della limitata lunghezza del percorso, si può ritornare a piedi a Fraina ripercorrendo lo stesso itinerario all'inverso, oppure ci si può far attendere con un autoveicolo al Lago Scin, sulla Strada Statale delle Dolomiti.
N.B.: i numeri romani indicano il periodo di fioritura (es. VI-VII = periodo di fioritura giugno-luglio) e la lettera P le specie protette dalle leggi e dai regolamenti vigenti.
Iniziamo la gita
Il percorso escursionistico inizia in località Fraina,
alla Fattoria Meneguto, raggiungibile in cinque minuti
d'auto dal centro di Cortina d'Ampezzo o in quindici
minuti da San Vito di Cadore.
Dalla Fattoria Meneguto si sale
lungo il sentiero che ha inizio proprio dietro il fabbricato
e, dopo appena cento metri, si raggiunge il vicino Pian
de Ranponiei; un'ampia zona pianeggiante, dove anticamente
si riunivano i membri delle tribù che vivevano in questa
zona per adorare il loro dio (uno dei tanti del composito
pantheon di dei tribali e di divinità locali. O forse
la divinità onnipresente celta, il dio Lugh?), ai piedi
della porta oggi chiamata "del dio silvano" (dio delle
selve), una grande porta quadrata segnata nella viva
roccia, che si osserva sulla parete a picco della Dolomia
del Dürrenstein di cui è costituito il contrafforte
roccioso di Crepedel, alla sommità del quale
si vedono ancora alcuni tratti di "pales", superfici
con copertura erbacea un tempo ben più estese e falciate
in autunno per ricavarne il fieno, che veniva magistralmente
"imballato" è gettato lungo le pareti verticali, ai
piedi delle quali veniva raccolto senza che ne andasse
perduta se non una minima parte. A Pian de Ranponiei,
per secoli utilizzato come zona di pascolo e di sfalcio
del fieno e oggi recuperato al prato naturale dominato
dalla presenza del rinanto cresta di gallo (Rhinanthus
alectorolophus, V-VIII), pianta con numerose varianti
ecotipiche, cresce il giglio rosso o giglio di San Giovanni
(Lilium bulbiferum, VI-VII, P) dai grandi fiori di colore
variabile dal giallo intenso al rosso, la campanula
glomerata (Campanula glomerata, VI-VIII) dai numerosi
fiori color violetto scuro o azzurro-purpureo, la salvia
dei prati (Salvia pratensis, V-VII) dai fiori azzurro-violacei
verticillati, l'eufrasia officinale (Euphrasia rostkoviana,
V-IX) dai piccoli fiori bianchi con fauce macchiata
di giallo e labbro superiore bianco macchiato di colore
lillacino-violetto; al centro della zona pianeggiante,
intorno all'affioramento roccioso, cresce la luparia
(Aconitum vulparia, VI-VIII) dalle grandi spighe con
numerosi fiori giallognoli. Gli animali che gravitano
intorno al Pian de Ranponiei sono il capriolo (Capreolus
capreolus), la volpe (Vulpis vulpis), la lepre comune
(Lepus europaeus), la cornacchia nera (Corvus corone
corone) e la cornacchia grigia (Corvus corone cornix),
oltre a diversi altri uccelli di taglia più piccola.
Numerose le farfalle, tra cui la vanessa orticaria (Aglais
urticae) una farfalla molto comune, la più rara vanessa
atalanta (Vanessa atalanta) che raggiunge la nostre
zone in estate, proveniente dal sud dove sverna e la
farfalla occhio di pavone (Inachis io) con su ciascuna
delle ali una macchia variopinta a forma d'occhio.
Attraversato nel senso della sua lunghezza
il Pian de Ranponiei, si entra nel bosco misto di larici
(Larix decidua), abete rosso (Picea excelsa) e pino
silvestre (Pinus sylvestris) e proseguendo verso monte
lungo il sentiero segnato con il n° 220, si raggiunge
il sasso a forma cubica con spigoli (o lati) di circa
due metri, dove, secondo le leggende, i primi abitatori
della zona facevano i loro sacrifici ai piedi della
porta sacra: un masso a forma di cubo quasi perfetto,
che pare proprio essersi staccato dalla parete rocciosa
sovrastante, là dove si vede la porta del dio silvano.
Dal sasso cubico, il sentiero piega verso sinistra continuando
a salire e attraversando un tratto di bosco rado a dominanza
di pino silvestre (Pinus sylvestris) con qualche pino
mugo (Pinus mugus), probabile relitto di una precedente
mugheta. Terminata la breve salita, la sola di tale
pendenza dell'intero percorso, si supera un breve pianoro
e ci si inoltra in un bosco rado di conifere (Larice,
abete rosso e pino silvestre), già utilizzato a pascolo,
con un soprassuolo erbaceo quasi uniforme di color verde
intenso. Qui il paesaggio assume l'aspetto dei boschi
delle favole, dove ad ogni passo sembra che debbano
comparire fate e gnomi, streghe e maghi, o gli antichi
abitatori di questo boschi, che nelle leggende ladine
vengono chiamati salvans e anguanes. In questo tratto
non è difficile incontrare il camoscio (Rupicapra
rupicapra), specialmente in primavera, lo scoiattolo
(Sciurus vulgaris) dal mantello con la parte dorsale
di color rosso-bruna o nero-bruna e quella ventrale
di color bianco-candido, la martora (Martes martes),
simile ma ben più grande dello scoiattolo, il cervo
(Cervus elaphus) ormai insediatosi stabilmente in tutto
il territorio dolomitico.
Continuando lungo il sentiero, che
ha un andamento a leggero saliscendi, si può ammirare
l'orchidea macchiata (Orchis maculata, VI-VIII, P) dai
fiori rosa carico e foglie macchiate sulla pagina superiore,
che si trova numerosa anche lungo i successivi tratti
dell'escursione, come l'erica carnea (Erica carnea,
IV-V) dai numerosi piccoli fiori di colore rosa carico
e il ranuncolo dei prati (Ranunculus acris, VI-IX) dai
fiori color giallo oro e lucidi. In questo tratto, si
costeggiano le rupi de' "ra Crepedeles", costituite
da Dolomia del Dürrenschtein, che si innalzano sulla
destra per oltre cento metri, con le pareti intercalate
da numerose cengie, dove si sono insediati il pino mugo
(Pinus mugus), il larice (Larix decidua) e il sorbo
montano (Sorbus aria). Nel bosco dominato dal larice,
la rinnovazione forestale naturale è quasi esclusivamente
di abete rosso, rinforzata dalla messa a dimora artificiale
di numerose piante della stessa specie forestale; solo
nei tratti più aperti e soleggiati si osserva una debole
rinnovazione del larice. Dopo un tratto in leggera discesa,
all'incrocio si abbandona il sentiero n° 220
e, girando a destra, si prosegue per il sentiero n°
210, che salendo verso monte, dopo breve tratto,
confluisce nella strada sterrata che porta alla stazione
intermedia della funivia Faloria. Da questo punto si
può scegliere di raggiungere il rifugio Mandres
che dista pochi minuti, o proseguire lungo il sentiero
che lo supera poco più a monte, per poi proseguire sul
tracciato di sinistra che costeggia i tralicci della
linea elettrica. Questo è un tratto caratterizzato dalla
presenza del pino mugo (Pinus mugus), sotto il quale
cresce il garofano di bosco (Dianthus monspessulanus,
VI-VIII, P) dai fiori con petali dal lembo roseo, la
platantera comune (Platanthera bifolia, V-VII, P) un'orchidea
dai fiori bianchi profumati riuniti in una spiga lassa.
Poco oltre si supera una vecchia recinzione fatisciente
a delimitazione del pascolo ormai da tempo abbandonato
e da qui si sale per breve tratto raggiungendo il punto
più alto dell'intera escursione, a quota 1534 m. Scendendo
sul versante opposto, si raggiunge una piccola superficie
paludosa, dove spesso si ha la sensazione di sentire
il rumore dell'acqua di una sorgente, senza, però, vederla:
qui cresce il raro trifoglio d'acqua (Menyanthes trifoliata,
VI-VIII, P) con fiori densamente barbati di colore bianco-rosa,
il ben più comune e conosciutissimo botton d'oro (Trollius
europaeus, IV-VI), la veronica maggiore (Veronica camaedrys,
V-VII) dai piccoli fiori azzurri venati di scuro. Dalla
piccola palude, in due minuti si raggiunge il Lago di
Costalaresc, ovvero l'ex lago, poiché molto tempo fa,
questo piccolo specchio d'acqua è stato prosciugato
con un'incisione dell'argine, ben visibile dal ponticello
in legno, a valle del quale, nel letto del ruscello,
si possono vedere alcune "arce" (briglie di trattenuta
idraulica), manufatti in tronchi e sassi, forse vecchie
di un secolo. Per un ripristino dell'equilibrio ecologico
naturale e un arricchimento paesaggistico e turistico,
dopo attento esame geologico, sarebbe auspicabile il
ripristino dell'antico lago, la cui superficie è oggi
interamente invasa dalla cannuccia (Phragmites australis,
VII-IX). Dal Lago di Costalaresc, guardando verso
monte, si vedono conoidi detritici ancora alimentati,
ampi depositi di detriti di falda e di accumuli di frane
in parte colonizzati dal pino mugo, dove qua e là affiora
la Formazione di San Cassiano, famosa per la
ricchezza di faune fossili ben conservate, quindi, in
successione, tre distinte unità rocciose: quella alla
base è costituita da Dolomia del Dürrenstein, la seconda,
che appare stratificata e variamente colorata, corrisponde
agli Strati di Raibl, la terza è costituita dalla Dolomia
Principale.
Lasciato alle spalle l'ex lago, il sentiero scende nel bosco
rado dove cresce il mirtillo rosso (Vaccinium vitis-idaea,
V-VI) dalle bacche acidule, il poligono viviparo (Polygonum
viviparum, VI-VIII) dai piccoli fiori bianchi riuniti
in spiga fitta e l'anemone trifoglia (Anemone trifolia,
V-VI) dai fiori bianchi. In questo tratto, nel punto
in cui il sentiero passa vicino ad una piccola sorgente
d'acqua, guardando verso valle, tra gli alberi s'intravede
un piccolo lago chiamato "Lago dei venche" (venche =
salici), dove trova rifugio e condizioni per la riproduzione
la rara rana rossa di montagna (Rana temporaria) e dove
cresce il trifoglio d'acqua (Menyanthes trifoliata,
VI-VIII, P) già descritto in precedenza e la lingua
d'acqua (Potamogeton natans, VII-VII, P) dalle foglie
elittiche di color bruno lucido, che galleggiano sulla
superficie dell'acqua. Proseguendo si superano due piccoli
ruscelli, dove cresce la calta palustre (Caltha palustris,
IV-VI) dai fiori giallo uovo e si raggiunge la pista
di motocross che si costeggia per un breve tratto. In
questo tratto cresce il fior di stecco (Daphne mezereum,
V-VI, P) un piccolo arbusto dai fiori rosa intenso profumatissimi,
che compaiono prima delle foglie, la listera maggiore
(Listera ovata, VI-VII, P) un'orchidea dai piccoli fiori
verdi, il giglio martagone (Lilium martagon, VI-VII,
P) dai fiori con i petali ricurvi all'indietro e di
color rosa-violaceo o purpurino con punteggiature più
scure. Il sentiero a questo punto scende sulla pista
di motocross, l'attraversa e, risalendo dalla parte
opposta, prosegue lungo "i pianes" (i piani)
della ex pista da sci "normale" del Faloria. Qui cresce
la rosa canina (Rosa canina, V-VII) dai fiori color
rosa chiaro, la rosa pendulina (Rosa pendulina, VI-VIII,
P) dai fiori di colore rosso, la clematide alpina o
vitalba alpina (Clematis alpina, VI-VII, P) con fusto
lianiforme e grandi fiori azzurri campanulato-stellati,
il pero corvino (Amelanchier ovalis, IV-V) un arbusto
dai fiori pianchi simili a stelle alpine che compaiono
prima delle foglie, il crespino (Berberis vulgaris,
V-VI) dai piccoli fiori gialli riuniti in un racemo
pendulo e il ginepro (Juniperus communis, V-VI) dalle
foglie aciculari rigide e pungenti. Vicino al sentiero,
nel lariceto quasi puro, crescono alcuni esemplari di
pino cembro (Pinus cembra) importante pianta forestale,
il cui legno odoroso è assai ricercato per sculture,
mobili e rivestimenti interni.
Già in vista del Lago Scin, seguendo le indicazioni
sentieristiche, si percorre l'ultimo tratto che procede
zigzagando e in costante discesa tra le piante del bosco,
finché appare il bel laghetto, il Rifugio e la strada
Statale delle Dolomiti. In questo laghetto dalle acque
limpide, che riflettono dei colori verde-azzurro alla
luce del sole, quando le chiome dei larici si fanno
giallo oro, sosta immancabilmente il germano reale (Anas
platyrhynchos) nel suo viaggio di ritorno verso sud.
Dal Lago Scin, si gode di un magnifico
panorama verso le Tofane, l'Averau e il
Nuvolau, mentre risalendo per un centinaio di
metri lungo la strada statale, si può ammirare il Monte
Pomagagnon, che, da questo punto d'osservazione,
si presenta in uno dei suoi aspetti migliori.
L'escursione termina qui, al Lago Scin, da dove si può far ritorno a Fraina, seguendo l'itinerario in senso inverso, con lo stesso tempo di percorrenza.
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